Il rivoluzionario Pintér - 1971

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Il Poliedro, Periodico dell’associazione italiana artisti e grafici pubblicitar
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Valerio Fantinel, sindacalista, collega, amico, comunista, intervista Ferenc Pintér nel 1971, all’interno di una serie di articoli dai quali dovrebbe “emergere la posizione sociale e ideologica degli operatori più sensibili” del mondo della comunicazione. L’intervista trasmette certamente alcune delle idee di Pintér in quel tempo e in quel momento, ma tradotte in un linguaggio militante che chi ha conosciuto Pintér, uomo politicamente impegnatissimo ma dalle ferree convinzioni anticomuniste, non potrà che trovare molto divertente. E’ uno dei pezzi più interessanti del suo archivio, testimonianza della lunga amicizia con Fantinel, con cui Pintér ha intrattenuto, anno dopo anno in Mondadori, un lungo e amichevole dialogo, nonostante -o forse proprio a causa- della siderale distanza di convinzioni politiche.
PUBBLICITA’ E SOCIETA’

I rapporti tra pubblicità e società visti e analizzati dagli operatori in comunicazioni visive. Da questo numero iniziamo una serie di interviste dalla quale dovrebbe emergere la posizione sociale e ideologica degli operatori più sensibili, agenti all’interno del nostro sistema socio-economico.

I mutamenti politici e sociali in atto nel nostro paese, influenzeranno nel senso di una minore aggressività il messaggio pubblicitario, cedendo quindi sempre maggior spazio ad una pubblicità di tipo informativo?

Difficile immaginare. Quando guardo al futuro,allo spostamento politico, penso che nei migliori dei casi si arriverà a quella pubblicità che già esiste ne ipaesi socialisti. Lo spostamento a sinistra porterà all'eliminazione di tanti concorrenti. Vi sarà quindi come conseguenza meno bisogno di aggressività e la pubblicità potrà essere informativa, quindi più obiettiva. Osservando la stampa dei paesi socialisti noto la differenza della pubblicità. Per certo meno aggressiva, però non mi appare migliore, anzi appare vecchia.Ciò non penso sia dovuto ad ingenuità o ad impostazioni volute, ma credo sia la conseguenza della scarsità dei prodotti proposti dal mercato. Per ritornare al nostro mercato, quello Italiano, penso che la pubblicità moderna, quella più intelligente, sia già indirizzata verso il tipo informativo. Personalmente, sono convinto che diminuendo l'aggressività la comunicazione acquisti maggior chiarezza. Concludendo, non credo che il grafico influenzi inmodo determinante l'evoluzione del messaggio, ma siail Cliente a farlo in quanto sente la necessità di essereaggressivo per imporsi.

Secondo lei l'intervento dell'esperto in comunicazioni visive deve essere critico e quindi responsabilizzato nei confronti del prodotto destinato adacquistare, grazie al suo intervento, una qualificazione sul mercato; oppure deve accettare la strumentalizzazione da parte dell'industria fino alla mistificazione del prodotto e del suo uso?

Credo che quando il prodotto è palesemente mistificato coloro che hanno raggiunto una certa maturità professionale non si prestino a propagandarlo. Ma, purtroppo, accade spesso al grafico, che il legareil proprio nome ad una grande ditta sia importante,cioè una dimostrazione del proprio valore e della propria affermazione. Certo sarebbe auspicabile la massima coerenza dei pensieri e delle azioni, ma non mi faccio però molte illusioni in proposito. So che non è possibile. Le tentazioni professionali sono troppo grosse. Se io conoscessi un giorno un grafico capace di rifiutare per le proprie idee un grosso lavoro e dimostrarequindi un così alto grado di coerenza gli stringerei lamano; ma non credo alla sua esistenza.

Le nuove espressioni estetiche nel campo delle comunicazioni visive, sono state influenzate e in che misura dai movimenti hippy, psichedelici o expandedart, e art nouveau? E se lo sono state, stanno per essere sostituite o avranno ancora vitalità?

Verranno sostituite. Sono movimenti o mode che hanno una breve durata. Oggi non si può più fare un manifesto fioreale, oppure lo si può fare soltanto se si vuol richiamare quel periodo, il costume di 3 o 4 anni orsono. Come ad esempio, la copertina di un romanzo di quel tempo. Coloro che hanno poco talento continueranno ancora per anni ad utilizzare questi stili, ma il talento autentico no. Può prestarvi attenzione, ma si libera subitodi una moda. In ultima analisi vi è l'uomo, è lui che deve stabilire un equilibrio all'interno di tutte le sollecitazioni alle quali viene sottoposto.

Secondo lei che differenza intercorre tra la pubblicità della produzione di un sistema a capitalismo avanzato (U.S.A. - Inghilterra - Italia), e quella dì un sistema a carattere socialista (Polonia - Jugoslavia -U.R.S.S.) o di paesi socialdemocratici a economia mista (Svezia)?

La pubblicità nel sistema neocapitalistico ha vari aspetti, da quello aggressivo a quello informativo. Nei paesi più progrediti, a sistema socialdemocratico, predomina la pubblicità che rispetta le opinioni e lascia giudicare all'uomo. Informa quindi, non impone: non piglia per il bavero, non picchia in testa. Qui in Italia vi è nella pubblicità più rumore, più trambusto, più suoni. Da noi, in Ungheria, è più sommessa, perché, come già accennato nella prima parte,non esiste concorrenza. Da noi la pubblicità è più tranquilla, tanto che a volte bisogna cercarla. Nei paesi socialisti vi sono due grandi correnti o filoni: la pubblicità culturale e quella di prodotti di largo consumo. La prima è ad altissimo livello: i manifesti del teatro polacco, ad esempio. Nei prodotti di consumo la qualità scade; si ha un senso di miseria e non quello di una definita maturità come in un paese baltico o scandinavo.